22 aprile 1947
Discussione sull'articolo 34 della Costituzione
"La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per
almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi
di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo
diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che
devono essere attribuite per concorso"
On. Antonio Pignedoli, 29 anni, laureato in fisica.
Noi siamo al di fuori e al di sopra di ogni
esasperato spirito nazionalistico anche dal punto di vista della rivendicazione,
dinanzi al mondo delle nostre glorie scientifiche; ma noi sentiamo, però, che la
tradizione italiana, che la gloria di Leonardo, quella di Galileo, la gloria di
Volta e di Pacinotti, di Ferrari, e di Marconi non sono tali da poter essere
dimenticate dinanzi al mondo e sentiamo ancora più che è necessario tutelarne lo
spirito e la grandezza.
Per questo io non ho mai plaudito sufficientemente
e non avrò mai sufficientemente approvato quella dizione del nostro progetto
costituzionale, nella quale si parla di aiutare i giovani migliori, anche se
privi di mezzi, anzi soprattutto se privi di mezzi, a raggiungere le alte
espressioni della cultura e le altissime posizioni dell'insegnamento e della
ricerca scientifica.
A questo la scuola italiana, onorevoli colleghi,
deve assolutamente impegnarsi e la Repubblica deve lavorare con ogni mezzo, e
gli uomini che hanno la responsabilità delle decisioni in questo campo dovranno
agire con intensa passione e con alta convinzione; perché, onorevoli colleghi,
io sono certo di non usare espressioni di esasperato nazionalismo, ma di dire
semplicemente la verità; non esalto infatti glorie militari o fatti che si
sperdono nelle lontananze della storia o della leggenda, ma esalto glorie
effettive della nostra stirpe.
Io vi dichiaro: la Repubblica difenderà e
proteggerà i ricercatori e gli studiosi e avvierà i giovani migliori alle
altissime posizioni, da cui poi, brillerà il loro genio, perché se si spegnesse
la civiltà scientifica italiana, ne avrebbe grave pregiudizio la civiltà del
mondo.
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